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di Gian Carlo Torre
Storico dell'ex libris
La tradizione marchigiana in campo grafico è alta e nota in tutto il mondo.
Dopo personaggi come Federico Barocci, considerato il precursore, seguito da Carlo Maratta nel novecento incontriamo Adolfo de Carolis , Armando Cermignani e Diego Pettinelli che contribuirono allo sviluppo dell'epoca d'oro della xilografia marchigiana ed italiana.
Nelle "Marche" ad Urbino ha sede il fondamentale Istituto Statale d'Arte "Scuola d'Arte per l'Illustrazione e la Decorazione del Libro", ove si sono formate generazioni di artisti calcografi, xilografi, litografi e tipografi e dove hanno insegnato i maggiori nomi dell'incisione, citiamo Arnaldo Battistoni, Giorgio Bompadre, Renato Bruscaglia, Leonardo Castellani, Francesco Carnevali, Carlo Ceci, Nunzio Gulino, Walter Piacesi .
Nel testo "Introduzione alle presenze marchigiane nell'ex libris" ricordavo come la tradizione ex libristica iniziata nel novecento con De Carolis fu continuata da valenti artisti, profondi conoscitori dell'acquaforte e della xilografia, quali Armando Baldinelli, Luigi Bartolini, Giuseppe Mainini, Bruno Marsili da Osimo, Adriana Gai, Attilio Giuliani; tra le recenti mostre ricordo "il presepe e la natività negli ex -
Tra gli artisti contemporanei attivi e noti, internazionalmente, in campo grafico ed ex libristico ricordo Lanfranco Lanari, Marielisa Leboroni, Walter Valentini e Carlo Iacomuci, nato ad Urbino la " città dell'anima" nel 1949, del quale ci occupiamo in questo scritto
Le difficoltà, la scuola lontana da casa, raggiunta quotidianamente a piedi, l'ambiente circostante, la campagna e i boschi, le difficoltà di dialogo tra i coetanei, per le distanze tra gli abitati, i sacrifici familiari e personali, affrontati, in un continuo confronto con la realtà quotidiana, lo hanno stimolato e forgiato.
La sua passione per l'arte risale ai tempi dell'infanzia soprattutto per la tendenza naturale al disegno, sulle orme del fratello Felice, maestro di vita e maestro della lavorazione del ferro, nel 1961 fu iscritto dalla madre all'Istituto Statale d'Arte di Urbino, sezione metalli, ove si diploma Maestro d'arte nel 1967.
Nel periodo del servizio militare a Roma nella Scuola Genio Pionieri (1969 -
Nel 1973 insegna Anatomia Disegnata, all'Accademia di Belle Arti Lecce, dal 1974 al 1985 insegna Figura Disegnata al Liceo Artistico Statale di Varese ove si trasferisce. Dal 1985 al 2008 è titolare della cattedra per l'insegnamento delle Discipline Pittoriche ( Disegno dal Vero ed Educazione Visiva ) presso l'Istituto Statale d'Arte di Macerata.
Notevole l'impegno e l'esperienza tecnico grafica conseguita, con un continuo approfondimento ed una disamina della tecnica incisoria, e la ricerca condotta nel settore cartaceo "bagaglio fondamentale sia nel mondo della scuola come professore e sia in quello artistico come incisore e pittore".
Numerosi i riconoscimenti e i premi conseguiti, gli inviti a mostre nazionali ed internazionali, ricordiamo i servizi di RAI 3 sulla sua attività artistica nel 1983 e nel 1994 incentrati in particolar modo sulla tecnica dell'acquaforte e della puntasecca.
Le sue prime lastre risalgono al 1971, successivamente ha elaborato un linguaggio personale libero da i vincoli accademici ove esprime la sua forte carica umana e la sua sensibilità.
Inizia , nel 1973, ad incidere il primo ex libris che ritiene " una specialità della grafica incisa in dimensioni piccole".
L'ex libris "usato dai bibliofili è una firma, un timbro un marchio posto sulla prima pagina del libro per riconoscere la proprietà" dovrebbe essere" un privilegio non esteso a tutti ma solo a pochi e veri esperti… ho considerato sempre l'ex libris una mosca bianca o un fiore all'occhiello , non per tutti ma solo per pochi ma veri esperti…in tutti questi anni mi sono quasi sempre limitato a fare solo poche prove di stampa con il mio personale torchio, per poter avere in giro pochi esemplari nei posti o nei luoghi dove vengono apprezzati".
I suoi ex libris sono realizzati con la tecnica dell'acquaforte eccezion fatta per il primo ex libris realizzato nel 1973 in puntasecca, "l'acquaforte è la tecnica dove mi esprimo meglio sia per la lunga esperienza e sia per il piacere che scaturisce dalla lavorazione non sempre breve prima di arrivare alla fase della stampa" .
Le scritte, gli inserti o i riferimenti letterari non sono per lui ostacolo alla composizione dell'ex libris " il segno -
Nell'ex libris che Carlo Iacomucci ha dedicato a se per i primi venti anni come artista professionista riscontriamo i simboli che ricorrono nella sua opera; abbiamo in alto la sintesi della perfezione rappresentata dal cerchio, dal triangolo e dal quadrato, mentre sotto dedica spazio ai suoi simboli ricorrenti quali l'aquilone, simbolo di libertà, di pace e di speranza, e il personaggio o manichino; sulla destra si staglia il profilo del palazzo ducale di Urbino circondato dai suoi momenti ventosi, cioè la poetica del segno.
Frequentemente ritroviamo rappresentate nei suoi ex libris delle goccioline, di grandezza uniforme, " queste goccioline sono forme in movimento nello spazio anche compositivo, sono ciò che si muove nello spazio in senso positivo… oltre ad essere degli elementi decorativi si ricollegano ai sette colori componenti lo spettro della luce", per questo talora le goccioline sono sette come si osserva in alcuni ex libris. Nella serie degli ex libris per Massimo Battolla, collezionista di cose dantesche, osserviamo in particolare in uno -
In alcuni ex libris riscontriamo delle strutture riconducibili a cornici "sono delle paratie di contenimento tipicamente visivo -
La profondità dell'interno della chiesa di S. Firmano, realizzata con un sapiente ed equilibrato giuoco di contrasti e di chiaroscuri dettati dalla contrapposizione dei tratti, fitti, del soffitto con la scacchiera del pavimento, accentuati dal nitore laterale delle colonne e degli archi, e il giuoco prospettico danno un risalto al momento celebrativo per M ( Mauro ) e S ( Stefania ) e guidano l'occhio dell'osservatore; la luce del momento è legata alla presenza delle goccioline che accompagnano i due aquiloni su cui sono incise le loro iniziali, momento indicativo della loro libera scelta .
Nell' ex libris per l'oculista David Lambertucci la profondità della scena che ammiriamo ci fa partecipi delle meraviglie dell'ottica; gli obelischi e l'alternanza delle tessere bianche e nere del selciato ci inviano allo sfondo, dominato dall'anatomia del bulbo oculare, ed alla visione della pupilla, uno sfondo ove la luce si irradia sconfiggendo le tenebre sovrastate dagli aquiloni simboli di libertà e speranza.
"Lex -
Il paesaggio di Carlo Iacomucci ci descrive, ci presenta figure e paesaggi legati alle visioni, ai nascosti problemi vissuti nell'interno della coscienza, agli eventi della memoria filtrati dai riferimenti ai titolari dell'ex libris arricchiti di simboli -
Gian Carlo Torre
Storico dell'ex libris
Bogliasco-
INCONTRO DI UN POMERIGGIO DI MEZZA ESTATE:
INTERVISTA a CARLO IACOMUCCI
a cura di Elisabetta Sofi (1)
«Sono riuscito a rimediare una trentina di disegni di quando ero ragazzino, quando frequentavo la mia Scuola del Libro di Urbino: delle figure dal vero... dei disegnini... Sono riuscito a riprenderli dalla scuola dopo tanti anni. Li ho piegati perché li ritenevo brutti, dei disegnacci! E purtroppo oggi mi son pentito di averlo fatto: mi sembrano piccoli capolavori...».
Inizia così Carlo Iacomucci con alcuni di Clartè (2) dell'Emilia Romagna a cui ha aperto le porte del suo studio di Macerata.
Pittore, incisore, docente a vari livelli di discipline pittoriche, Carlo Iacomucci è l'artista dell'aria! Sì, dell'aria... Sarà per l'amore per la natura (lui stesso si definisce figlio della campagna) da cui avrà mutuato i colori intensi, le forme a volte raffinate a volte indefinite. Sarà per l'elemento dell'aquilone, “simbolo poetico” come lo definisce l'artista, sempre presente nelle sue opere.
Sarà per i piccoli tratti di colore che qualcuno chiama gocce, qualcuno tracce, sono in origine foglie leggere e docili al vento: movimenti ventosi.
Da incisore Iacomucci è attratto dalla poetica del segno. Saranno gli ombrelli e gli spaventapasseri posti come sentinelle della natura, a guardia, per offrire una difesa.
Iacomucci è l'artista dell'aria perché le sue opere sono una ventata d'aria fresca e pulita per il cuore, una ventata di speranza.
Una cosa è certa: mai chiedergli di “spiegare” le sue opere, vero maestro?
«É difficile a volte per me dare un significato. Nel momento della realizzazione dell'opera io vado oltre alla verità, oltre la realtà che io vivo, oltre il vissuto, perché il pensiero va oltre. La creatività va oltre. Quello che già esiste a me non interessa (per esempio rifare una bella farfallina): io cerco di vedere cosa c'è oltre (oltre la farfalla), lì dove ci sono dei ricordi, delle sensazioni. La mia è una verità più
profonda. Venendo da una formazione scolastica urbinate, porto avanti la tradizione del vero, che poi vero non è perché realizzo una serie di combinazioni che in realtà non esistono, ma corrispondono ad un vero profondo...».
Quali sono i tempi e i modi di realizzazione dell'opera?
«Dipende. Dipende dall'opera. Innanzitutto ci vuole più per pensare che per lavorare. Nella mia testa ci sono già le basi, altrimenti non inizio. E anche se ho le basi, man mano che vado avanti, non realizzo mai quello che avevo pensato inizialmente.
Comunque in mente c'è tutto. Certamente non c'è il colore. Ma c'è la struttura portante. E, una volta iniziato, ad un tratto subentra
un qualcosa, una luce meravigliosa, un'idea, come se qualcuno mi scrivesse nella testa, e tutta quella scrittura rimanesse lì. E vado
avanti, vado avanti... Poi, la cosa più triste è quando devo interrompere. L'interruzione non avviene solo quando mi chiama qualcuno, vuol dire anche andare a pranzo, andare a dormire, a riposare. Fino a due anni fa, quando ancora insegnavo ( h o i n s e g n a t o n e l l e accademie, licei artistici, istituti d'arte, l'ultimo qui a Macerata), interrompere per me è stato sempre un s a c r i fi c i o e n o r m e , specialmente quando incido una lastra che mi piace molto. Insomma l'interruzione mi da un po' fastidio».
E l'insegnamento? Quanto ha inciso nella sua arte il contatto con gli studenti? Ognuno le avrà lasciato qualcosa...
«Si, beh...tutti no, per carità! Sicuramente anch'io ho imparato da loro, è stata un'esperienza molto importante. Quello che posso dire è che ho dialogato coi ragazzi perché il dialogo è una cosa fondamentale, e ho portato loro la mia esperienza di tutti i giorni. Ho cercato di trasmettere qualcosa ai ragazzi rimanendo con le mani in pasta. E quelli più attenti lo hanno recepito. Oggi mi chiamano, mi telefonano, mi vengono a trovare... Sono grandi, già sposati, anche di un certo livello. Mi ringraziano e rispondo loro che ho fatto solo il mio dovere. In trentasei anni ho insegnato anatomia disegnata, ho insegnato nudo, figura disegnata, disegno dal vero, educazione visiva, la teoria del colore: la lettura di un'immagine è una cosa bella però anche complessa. Mi sono costruito un buon bagaglio, cercando di portarlo avanti. Però anch'io ho imparato con loro, veramente! Tante cose. Per esempio la mia mano, il mio modo di lavorare, è sempre abbastanza gestuale. Invece vedere come a volte un ragazzo riesce a intuire e finire alcuni dettagli con tanta pazienza, con tanta armonia, con tanta volontà... io non ci riuscirei».
Nelle sue opere si trova una tale ricchezza, ricercatezza... La sua tecnica spazia dalla pittura alle raffinatezze dell'incisione. É molto vivo il rapporto con la natura, ma anche con Urbino e il glorioso Umanesimo di cui è ancora intrisa. Qual è la ricetta di tanta ricchezza?
«É una ricchezza che fa soffrire... Perché non mi accontento mai. Io lavoro con ansia. Il vento è ansia per me, c'è in tutti i miei ritratti. Sono un finto calmo!».
Cosa significa?
«Non lo so quanto mi ci vuole per dire: “quello mi piace!”. A volte passa parecchio, è dura, è dura... Dopo si matura... Io credo che il creativo non sia “normale”, che non abbia tutti gli “ingredienti” come, ad esempio, l'impiegato di banca, dove tutto quadra in modo preciso, dove due più due fa quattro... Insomma se non c'è questa molla d'ansia, questo tormento, diventerei piatto, farei le solite cose. Io non ce la faccio. Sono un tormentato! Noi artisti dobbiamo realizzare qualcosa che non c'è, e non è facile. Dobbiamo lavorare con m o l t a s p o n t a n e i t à , dobbiamo avere anche q u a l c h e “ n u m e r o ” , qualche cosina che il Padre Eterno c i ha donato, di diverso dagli a l t r i , e p o i occorre corrispondere a questo dono senza aspettare la manna dal Cielo!».
Emerge chiara tutta l a f a t i c a d i c h i è i m p e g n a t o a d i r e qualcosa che è altro da sé, ma forse proprio questo può essere il
contributo dell'artista alle contraddizioni di una società come quella di oggi. Secondo lei è così? Cosa può dare l'artista oggi?
«Oggi c'è molta confusione. Non c'è, non esiste, una difesa per gli artisti. Ho diversi contatti, e mi è capitato di lavorare in Brasile ed in particolar modo in Argentina, dove ho esposto diverse opere. Lì c'è differenza tra i pittori e altre categorie come, ad esempio, l'autodidatta. Qui da noi invece non esiste. Ci si salva perché si porta avanti il proprio lavoro con serietà: solo in questo caso si lascia un timbro, si lascia qualcosa alla società. Ognuno di noi ha delle esigenze: mentali, fisiche, emozionali. Di solito le emozioni sono quanto abbiamo di intimo e riservato, ma che tiriamo fuori, esprimiamo in qualche modo, sperando di trasmettere qualcosa alla società. Solo se siamo sinceri la gente, bene o male, avrà bisogno di noi, e noi in qualche modo trasmettiamo un patrimonio, lasciamo qualche cosa. Quindi, attraverso le mostre e altro, c'è la possibilità, la grande possibilità di poter dare anche agli altri queste emozioni che altrimenti si perderebbero. Questo forse è il bello, no? Però è qui che bisogna sempre stare molto attenti: nella grande confusione bisogna saper discernere e non svendersi mai».
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