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Uno studio inglese individua nelle Accademie che fiorirono in Italia tra il sec. XVI e il XVIII caratteristiche di comunicazione e scambio culturale che le rendono precorritrici degli attuali social network come Facebook e Twitter: in tempi in cui internet non era neanche lontanamente immaginabile, esse costituivano una vera e propria "rete" attraverso cui si alimentavano e si moltiplicavano opportunità di contatto, confronto, dibattito e anche divertimento.
Lo studio The Italian Academies 1525-1700: The first intellectual Networks of early modern Europe è il risultato di una ricerca quadriennale condotta in collaborazione dalla British Library, dalla Royal Holloway University of London e dalla Reading University, finanziata dalla Arts and Humanities Research Council e basata sul materiale conservato nei fondi della British Library. Questo spiega l’assenza nello studio di riferimenti alla nostra Accademia dei Catenati, appartenente a pieno titolo al novero delle più attive accademie italiane di quei secoli (oltre ad essere una delle pochissime ancora in attività): nei fondi della British Library sono presenti infatti le Accademie delle città di Avellino, Bari, Benevento, Bologna, Brindisi, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Enna, L’Aquila, Lecce, Mantova, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Salerno, Siena, Siracusa, Trapani e Venezia; non quelle maceratesi.
Diversi i tratti in comune tra le Accademie e i moderni social network, come spiegano gli articoli di Enrico Franceschini e Paolo Pontoniere pubblicati in questa pagina: tra gli altri, la vastità degli interessi coltivati e l’uso di nickname.
Quando le Accademie
erano come Facebook
di Enrico Franceschini
Non c' era internet eppure nell' Italia del Cinquecento esisteva già un web, una rete di contatti tra giovani di tutte le città, che costituiva il primo network intellettuale della penisola: un sistema per ritrovarsi, per comunicare, per dibattere ma pure per divertirsi e giocare.
«Era il Facebook del Rinascimento», sostiene Simone Testa, cliccando sul mouse del suo computer, in una stanzetta della British Library di Londra, per farne apparire in rapida sequenza i nomi, i volti e le caratteristiche.
Composto dalle quasi 800 Accademie italiane, quel network antico è ora approdato alla nostra era super moderna e supertecnologica, su un sito consultabile da chiunque. È una banca dati digitalizzata che raccoglie i nomi delle Accademie, le città in cui si trovavano, la lista dei membri e dei libri pubblicati sotto i loro auspici, l' immagine dell' emblema e altre informazioni utili. Nella prima fase del progetto, frutto di una collaborazione tra la Royal Holloway University e la British Library, sono state esaminate le Accademie di Napoli, Padova, Bologna e Siena, poi il catalogo online si amplierà alle Accademie di Roma, Venezia, Ferrara, Mantova, Sicilia, Campania. «È un fenomeno per molti aspetti poco conosciuto», spiega Testa, uno dei ricercatori italiani ed inglesi che stanno lavorando all' iniziativa. «La critica classica snobbava le Accademie, ne derideva i nomi che non si addicevano a veri eruditi. Ma nuovi studi mettono in rilievo il ruolo che queste associazioni ebbero nel Rinascimentoe l' influenza che hanno avuto in tutta Europa sulla cosiddetta Republique des Lettres». E oggi la filosofia di fondo di queste associazioni, la vecchia idea umanistica del "serio ludere", il gioco serio, sembra molto più vicina alla cultura contemporanea del web, di Facebook e di Twitter. «Ogni città italiana - spiega Testa - aveva una o più Accademie. Spesso venivano create da giovani nobili, i quali fondavano altre accademie quando cambiavano città oppure entravano a fare parte di quelle già esistenti, contribuendo così alla creazione di una rete sociale e intellettuale».
La Storia delle Accademie di Maylender, uscita settant' anni fa in cinque volumi, non aveva approfondito questo aspetto, né poteva farlo. Ed ecco allora che, navigando sul sito della British Library, si seguono le orme di Alessandro Piccolomini, membro dell' Accademia degli Intronati a Siena, che trasferitosi a Padova aiuta a fondare l' Accademia degli Infiammati: si scopre che Torquato Tasso entra a far parte dell' Accademia degli Eterei a Padova, pur contribuendo alle pubblicazioni degli Oziosi di Napoli.
Dalle pagine della banca dati, attraverso elenchi di libri e nomi noti, come quello di Galileo Galilei, o ignoti, di autori, stampatori, curatori di volumi e studi, affiora la vastità di interessi delle Accademie, dalle scienze umanistiche, letteratura, teatro, musica, arti visive,a quelle naturali, come astronomia e medicina. Ma accanto ai dibattiti scientifici emergono i nomi giocosi, i soprannomi scherzosi, gli emblemi e i detti umoristici, spesso a base di giochi di parole. «Il gioco serio della gioventù intellettuale del tempo», riassume Testa: in effetti il medesimo concetto di passatempo che anima Facebook.
Non esistevano ricerche che permettessero di cogliere questi aspetti del fenomeno delle Accademie italiane e del loro influsso sulla cultura degli altri paesi europei. Grazie a internet, ora esiste la banca dati.
Non è un caso che il progetto abbia trovato ospitalità alla British Library, uno dei più vasti archivi della memoria culturale dell' umanità, né che sia finanziato dall' Arts and Humanities Research Council. «Ma ora cerchiamo partner e collaborazioni anche in Italia, pensiamo al Cnr, alle biblioteche, alle fondazioni private», è l' appello di Testa.
(1 dicembre 2011)
Facebook? Un'idea del Rinascimento:
le Accademie erano "social" già nel 500
di Paolo Pontoniere
Uno studio inglese paragona le attività culturali italiane tra il 1525 e il 1700 agli attuali media sociali. Funzionamento e modelli di partecipazione molto simili, con una differenza essenziale: internet. Ma la "Rete" era già una realtà.
Le Accademie degli Intronati e Oldauro Scioppio non erano solo il nome di un gruppo di buontemponi che verso la prima metà del cinquecento si erano dati alla commedia dell'arte. Oppure uno degli pseudonimi coi quali scriveva Aprosio Angelico, letterato cinquecentesco e fondatore della Biblioteca Aprosiana a Ventimiglia. Secondo ricercatori britannici infatti, quelli delle Accademie sono anche i primi elementi di social networking della storia dell'umanità, e antesignani ai quali devono la loro nascita esperienze come Facebook, Twitter, YouTube.
L'ipotesi avanzata nello studio The Italian Academies 1525-1700:The first intellectual Networks of early modern Europe, è il prodotto di una ricerca quadriennale condotta in collaborazione dalla British Library, dalla Royal Holloway University of London, e dalla Reading University. Durante il Rinascimento erano piu di 500 le Accademie che nel nostro paese registravano i loro membri, i quali dibattevano di argomenti che spaziavano dalle scienze alla matematica, dall'arte alla letteratura. Spesso per comunicare tra loro assumevano nomi di comodo, dei nickname ante litteram, che diventravano poi la loro identitità all'interno dei circuiti che discutevano i temi che gli stavano a cuore. Non solo: poiché potevano decidere sostenere una posizione o l'altra, o anche di intervenire in diatribe che opponevano due ricercatori, spesso solevano adottare anche degli pseudonimi.
"Così come oggi creiamo username per i nostri profili su Facebook e Twitter, e creiamo circoli di amici su Google+, gli studiosi adottavano soprannomi, condividevano e commentavano le idee e le notize del giorno, si scambiavano poemi, musica e opere teatrali", spiega la professoressa Jane Everson, investigatrice principale della ricerca britannica, "Forse ci mettevano un poco di più di quanto ci impieghiamo oggi con internet a diffondere i loro materiali, ma attraverso la creazione di annuari, e volumi dove raccoglievano le loro lettere e i loro discorsi, riuscivano comunque a scambiarsi le informazioni del momento". E non si scambiavano solo trattati scientifici, così come accade col social networking le facezie erano una parte integrante degli scambi. Oltre ad avere lo scopo di alleggerie la discussione di argomenti molto spesso densi di contenuti, miravano anche ad intrigare il corrispondente impegnadolo in una sorta di gioco al rimpiattino nel quale emblemi creati ad hoc venivano usati per nascondere, come tanti rompicapo, informazioni privilegiate o per satira sulla storia del momento. "In genere ci vuole un po di tempo a decifrarli", spiega Everson, "Ma il divertimento sta proprio nello scoprire il messaggio nascosto nell'immagine".
Anche le stesse Accademie si dotavano di nome proprio, come nel caso degli Intronati, dei Gelati e degli Accesi, sopravvisute fino a quasi la fine del diciottesimo secolo. Sovente scherzoso e di senso opposto alla natura stessa del network, come nel caso degli Immobili che piuttosto che essere stazionari erano coinvolti in numerosisisime iniziative, il nome delll'accademia serviva ad evidenziare il carattere delle attività dei suoi membri. E così, come non erano "freddi" i membri dell'Accademia dei Gelati, che conducevano invece dibattiti scientifici e letterari infocatissimi, non erano intronati nemmeno quelli che si associavano nell'Accademia dal nome omonimo, che invece si impegnavano in dibatti seriosissimi sulla natura delle cose più disparate. Veri e propri forum umani, oggi replicati in Rete.
Tra la prima metà del 500 e la fine del 1700 di Accademie sparse per la penisola se ne trovavano a centinaia. Fondate nei salotti di nobili e mercanti facoltosi, collegavano città come Avellino, Bari, Benevento, l'Aquila, Bologna, Siracusa, Napoli, Palermo, Catania, Padova, Siena e Venezia in una rete che abbracciava tutto il paese. E sebbene non di rado le città fossero divise da differenze politiche o addirittura opposte in lotte, gli scambi fittissimi di documenti, lettere, tomi, studi, opere d'arte e trattati creavano un flusso continuo di informazioni che circolavano in piena libertà e senza soluzione di continuità tra gli studiosi delle varie regioni. Il che contribuì in maniera determinante a definire un discorso di carattere nazionale e a gettare le fondamenta non solo della nascente identità nazionale italiana ma probabilmente anche di quella europea.
(10 gennaio 2013)