Verdi, le Marche e i marchigiani - Accademia dei Catenati - Macerata

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Verdi, le Marche e i marchigiani

ATTIVITA' > Anno 2014

10 dicembre 2014
Sala Conferenze della Biblioteca Statale, Macerata
in collaborazione con la Biblioteca Statale

Conferenza di Pietro Molini e Paolo Peretti
Si è svolta il 10 dicembre la conferenza su “Verdi, le Marche e i marchigiani” tenuta da Pietro Molini e Paolo Peretti e introdotta da Fulvio Roberto Besana e Angiola Maria Napolioni. Fabio Sileoni, previsto tra i relatori, non ha potuto partecipare per una improvvisa indisposizione.

Pietro Molini, appassiona-to cultore di Verdi e collezionista di memorie verdiane, ha ripercorso analiticamente i rapporti del grande compositore con le Marche e i marchigiani: dalla presenza a Senigallia nel luglio 1843 per la rappresentazione de I Lombardi alla prima Crociata, ai legami professionali con l’impresario Alessandro Lanari, originario di S.Marcello di Jesi, alla scelta per le prime di sue opere di ben quindici cantanti marchigiani, quasi tutti formatisi alla scuola di canto del maestro Domenico Concordia attiva a Macerata nella seconda metà dell’800. Tra questi cantanti spiccano Lorenzo Salvi, i fratelli Lodovico e Francesco Graziani, Cesare Boccolini, Gianfrancesco Angelini Rota, i pollentini Nicola Benedetti e Paolo Pelagalli Rossetti. Una particolare stima Giuseppe Verdi ebbe per il compositore maceratese Lauro Rossi, che nel 1869 chiamò a presiedere la commissione di musicisti impegnata nella stesura della Messa per Rossini, voluta dallo stesso Verdi per celebrare degnamente l’anniversario della morte del Pesarese. Ma non furono solo ragioni propriamente “musicali” a favorire rapporti di Verdi con personalità marchigiane: stima e amicizia lo legarono, tra gli altri, al medico Emilio Cesaroni, di origine camerinese, scelto come primo direttore sanitario dell’ospedale che il Maestro fece costruire a sue spese a Villanova sull’Arda e suo medico di fiducia negli anni della vecchiaia. Interessanti sono anche i cimeli verdiani conservati in varie città delle Marche: tra essi il cappello a cilindro e il bastone conservati al Museo Gigli di Recanati (dono dalla Casa di Riposo per Musicisti voluta dallo stesso Verdi) e un archetto per violino in legno di pernambuco che, andato in frantumi per un gesto improvvido del musicista che lo usava, fu abilmente ricomposto proprio da Verdi e restituito al proprietario, il violinista Vincenzo Boccabianca di Ripatransone. 
Un marchigiano, infine, ha legato il suo nome ad una giovanile (e paradossale) bocciatura di Verdi: è il Maestro Francesco Basili, lauretano, direttore dal 1827 al 1837 del Conservatorio di Milano, che nel 1832 fu tra gli esaminatori che negarono l’ammissione del diciannovenne Verdi Giuseppe a quel Conservatorio che molti anni dopo avrebbe preso il suo nome.

Paolo Peretti ha illustrato a sua volta, avvalendosi anche di documenti e testimonianze inedite, la figura di Vincenzo Sassaroli, compositore e organista di Tolentino, che osò contrapporsi pubblicamente a Verdi affermando che l’Aida aveva ‘tradito’ l’opera italiana e offrendosi di riscriverla sullo stesso libretto, lanciando pubblicamente il guanto di sfida a Verdi e all’editore Ricordi. Mentre il compositore non rispose affatto, l’editore si limitò a pubblicare la lettera di sfida nella sua Gazzetta musicale, senza commenti diretti ma suscitando commenti non lusinghieri nel mondo musicale. Il Sassaroli, per dare solidità argomentativa ai suoi giudizi, pubblicò un opuscolo dal titolo "Considerazioni sullo stato attuale dell'arte musicale in Italia e sull'importanza artistica dell'opera Aida di Verdi”, nel quale, oltre ad esporre quelli che a suo dire erano i limiti dell’Aida, sostenne con convinzione che la Messa di Requiem verdiana era nettamente inferiore a quelle di Pacini, Ricci e Mercadante. Lo scrittore austriaco Franz Werfel, in un suo romanzo dedicato a Verdi, ne fece un personaggio quantomeno discutibile. A giudizio del prof. Peretti la sua figura va rivalutata; nipote e allievo di Saverio Mercadante, fu infatti musicista serio e preparato, protagonista di una carriera varia e mobilissima che dalla provincia marchigiana lo portò da Napoli a Genova passando per Sicilia, Lazio, Umbria e Toscana. Indirizzò dialetticamente la sua vena polemica non solo verso Verdi ma anche verso altri illustri ‘obiettivi’: in un’Italia che si divideva allora tra “verdiani” e “wagneristi”, fu l’unico che contestò entrambi gli ispiratori delle opposte fazioni.
Il M° Domenico Concordia (Loreto 1801 - Macerata 1882), titolare della Scuola di canto attiva a Macerata dal 1845 nella quale si formarono diversi cantanti di opere verdiane.
Lorenzo Salvi (1810-1879), cantante di origini anconetane che Verdi scelse per le sue due prime opere: Oberto conte di S. Bonifacio (nella parte di Riccardo conte di Salinguerra) e Un giorno di regno (nella parte di Edoardo di Sanval).
L'archetto per violino andato in frantumi che Verdi ricompose personalmente e restituì al proprietario, il violinista Vincenzo Boccabianca di Ripatransone. 
Vincenzo Sassaroli (1816-1904), compositore e organista di origine tolentinate; nel 1876 sfidò Verdi lanciando all'editore Ricordi l'offerta di una sua riscrittura dell'Aida sullo stesso libretto.
L'unico monumento a Giuseppe Verdi eretto nelle Marche, a Pollenza, opera di Vittorio Morelli (1913).
 
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